Avevo accettato di fare questo corso sulla mindfulness psicosomatica pensando solo ai risvolti che avrei avuto sul mio lavoro, invece ho riscoperto me stessa!
Chi mi legge sa che ho avuto un periodo buio, prima la parte dove ero ancora dentro una relazione violenta, poi la consapevolezza delle ferite subite, e dopo il lungo percorso per riappropriarmi di me stessa.
L’anno scorso approdo dalla mia “terapista cranio sacrale”, in giro la chiamo così o anche “maga” perchè riesce sempre a sistemare il mio corpo incriccato e sofferente, e dopo qualche trattamento inizia a parlarmi di questo Villaggio globale, del progetto Gaia Kirone e mi passa le info quando sono previsti i corsi di formazione. I primi due non riesco ad accedere, troppe persone e prediligono di più gli insegnanti/educatori. A dicembre finalmente mi prendono così che inizio a studiare le 28 lezioni online, tra teoria, meditazione, mindfulness ed esercizi di bioenergetica.
Il mio cervello è assai buffo, anche se cerco di spegnerlo e son lì lì per riuscirci, ecco che parte con una nuova idea. E così mentre seduta da sola in casa ad ascoltare un esercizio di mindfulness scatta l’idea di unire questi esercizi alla ginnastica perineale. Già con la mia “maga” avevamo iniziato a pensare a 1/2 giornate di full immertion su questi argomenti ma non avevo forse compreso a pieno le potenzialità. Ora oltre a voler organizzare questo corso per donne ed ostetriche, voglio arricchire gli incontri per tonificare il perineo con quel pizzico di consapevolezza che viene da quello che ho imparato.
Torniamo a noi. A aprile/maggio la mia maga aveva lanciato il percorso per adulti e io l’ho frequentato, poi per mancanze su vari fronti non lo abbiamo portato a termine. Ma non ero presa, avevo mille pensieri o forse non ero pronta io a guardare dentro di me.
Venerdì scorso vado di persona al corso. Eravamo in 90. Tanta roba.
All’inizio, abituata a corsi di formazione con massimo 30 persone mi son chiesta cosa si potesse mai riuscire a fare in così tanti. Devo dire che i momenti di meditazione e di biodinamica sono stati una cosa …senza parole. Una carica di energia paurosa. Il gran numero però rendeva poco pratiche le condivisioni tra tutti, e questo forse mi è mancato.
Durante il corso fanno provare tutti i vari passaggi dei 12 incontri previsti, quindi un concentrato. Il primo giorno lo passo tranquilla. Il secondo durante i momenti di mindfulness e body scan il mio corpo e la mia testa cedono e staccano la spina. Crollo in un sonno profondo, quelli che pensi che durino ore e invece erano 20 minuti o meno. Più che si va avanti più che l’ascoltarsi e il conoscersi, o diventare consapevoli, diventano più intensi per arrivare al terzo giorno dove si va a lavorare sulle emozioni, sul vissuto.
Quando, immersi nell’ascolto del corpo, Nitamo ci invita a sentire quello che ci ha fatto male, la cicatrice che mi attraversa tutto il corpo si accende, riprende vita. Non so dire se ho provato dolore, liberazione, o solo l’ho sentita per quello che è. Ho pianto molto, non sono riuscita a dire a voce alta che mi avevano annullata, cancellata, annientata, che si erano presi tutta me. (qua quello che negli anni mi sono sentita di condividere, un pezzo della mia storia)
Quindi altra parte teorica e poi di nuovo un altro esercizio. Questa volta Nitamo ci ha portato a vederci come se fossimo un albero.
E non è stato difficile sentirmi come uno di quei lecci che ci sono sul prato di casa di mia zia. Mi sentivo grande, forte, con un tronco enorme e una fronda larga e leggera. Poi le radici, me le sono sempre immaginate sotto quel prato, profonde ed stese perchè per sorreggere quei lecci ne servono tante. E via via si aggiungevano pezzi. Mi sono ricordata del mio tatuaggio, delle radici che volevo mettere, della voglia di rinascere e di perseverare. E mi sono ricordata del piccolo bambino che era il fulcro di tutto e si è incastrato dentro quei buchi scavati in uno dei lecci. E poi sono arrivati i colori. I lecci di solito hanno un colore quasi spento, opaco. I miei erano glitterati! E alla fine si arriva a dover pensare ad un fiore che ci spunta in testa. Ascoltando il respiro, sentendo come al mio solito il perineo che respira, mi viene in mente un fiore di loto che si apre e si chiude delicatamente e così mi si piazza in testa. Ma non era bianco, era bianco iridescente, come quei tessuti sintetici che in base a come li si inclina si vedono i colori dell’arcobaleno.
E ho pianto. Non me lo aspettavo. Sentirmi così viva e sentire di nuovo i colori dentro di me e fuori di me. Pensavo che mi ci sarebbe voluto molto più tempo perchè forse ancora non avevo avuto il coraggio o le forze per vedere o accettare che ero ancora io, con una cicatrice enorme, ma ancora io. Tutt’ora faccio fatica ad accogliere che sono di nuovo io e che mi sono in qualche modo riaccesa o risvegliata. Non so se sia perchè a volte restare in un cantuccio di quasi commiserazione piaccia o perchè non sono semplicemente pronta del tutto ed è una sensazione enorme, piacevole ma molto intensa.
Così sono tornata indietro nel tempo, ad una delle più belle introduzioni/presentazioni che mi abbiano mai fatto.
Ho scelto quella foto con mia sorella quando eravamo piccole, perchè non c’era stato ancora nulla di brutto, e le uniche cose importanti erano sorridere e giocare!