Argomento rovente degli ultimi giorni. A volte cerco di evitare di schierarmi. Poi ho pensato che non mi schiero, dico solo la mia che come al solito è sempre un mix di sentimenti e idee e non occupa un posto fisso.
Tutto nasce perchè le donne sono stanche di non essere rispettate, di subire violenze con un tipo di assistenza imposta e spesso non supportata dalle linee guida, di non sapere cosa stanno facendo sul loro corpo e anche se è una cosa necessaria la mancanza di spiegazioni trasforma tutto in un abuso.
E’ nata questa pagina “Basta Tacere” e un hastag (ovvero un link che racchiude tutti i riferimenti, positivi o negativi). Le donne scrivono le loro testimonianze negative e le inviano alla pagina affinchè siano pubblicate.
Alcune sono testimonianze che possono portare a dire “ma questo viene classificato come violenza?” Altre dicono che si sono sentite stuprate, e donne che hanno subito stupri si domandano perchè una donna che viene visitata o assistita durante un parto si senta stuprata ricordandosi il dolore che ha provato lei stessa.
Sono testimonianze forti, scritte su foglietti. Mancano di un contesto, di un dialogo. Quella donna che ha scritto che si è sentita stuprata non potrà confrontarsi con la donna che è stata stuprata sessualmente e magari vuole capire meglio piuttosto che sentirsi presa in giro o sentire che il suo vissuto posa essere ridimensionato. Magari se le due donne si parlassero scoprirebbero che hanno sofferto entrambe, molto e in maniera diversa, ma che entrambe hanno perso i limiti del proprio corpo e qualcuno li ha varcati.
Molte testimonianze, a chi ha un occhio clinico, dicono che là è mancata comunicazione, che la donna può non aver compreso, che non è stata avvertita. Anche se un intervento è necessario la donna deve capire cosa le sarà fatto, deve esserne informata ed è compito di chi la segue.
Capitano sempre tutte queste emergenze che non lasciano 30 secondi per dire “guardi signora, dobbiamo fare questa cosa che temiamo possa accadere quest’altra”??
Come anche ci sono tempi e modi.
Una volta seguivo una donna con iniziale distacco di placenta previa (la placenta si dice previa quando tapa l’uscita dell’utero quindi il bambino non può uscire per vie naturali e spesso i rischi di parto pretermine o emorragie sono maggiori rispetto a una gravidanza dove la placenta si posizione più alta e lontano dall’uscita). La donna inizia ad avere contrazioni ante tempo e qualche perdita, il ginecologo di turno decide di fare un taglio cesareo d’urgenza e spiega alla donna chiedendo il consenso informato e spiegando tutti i rischi possibili ed immaginabili. La donna torna in reparto e la prima cosa che mi chiede è “c’è ancora?” parlando ho capito che si riferiva al suo utero e in quel momento di spiegazioni e consensi la cosa che l’aveva colpita di più era il rischio di poter perdere l’utero e ha vissuto tutta l’operazione e il dopo con questa angoscia. Quindi anche quando si danno le spiegazioni si dovrebbe cercare di valutare cosa e come dire in determinati momenti.
Come per tutti i tipi di violenza si può scegliere, e ovviamente si va incontro alle proprie responsabilità. Da studentessa non sempre me la sono sentita di dire di “NO” a chi mi insegnava cose che non mi piacevano e non rispettavano la donna.
Una delle ostetriche che mi seguiva mi aveva insegnato che dovevo praticamente preparare la vagina della donna con le mie mani durante la contrazione, era un “massaggio” riprovevole. Ho ascoltato le urla di una donna cui è stata fatta una episiotomia nel momento sbagliato e ha urlato di dolore per quel “taglietto” (quando c’è bisogno effettivamente di farla, la testa del bambino tende e assottiglia così tanto il tessuto che se fata durante la contrazione la donna non sente un maggiore dolore). Ho fatto una episiotomia perchè la ginecologa guardano da sopra ha detto alla ostetrica che mi seguiva “a me sembra da tagliare, taglia!”.
Ma poi ho conosciuto anche ostetriche migliori, che mi hanno insegnato come fare una visita vaginale, in che modo inserire le dita per dare meno fastidio, che è più carino coprire i genitali affinchè la donna si senta meno nuda, che prima di inserire le dita è educato chiedere il permesso, come quando ci invitano in casa e anche se ci dicono “prego passi” diciamo sempre “permesso”. Ho imparato che i bambini non si prendono, a meno che non sia la mamma che ce li mette in collo o se piange prima chiedo se posso prenderlo. Ho imparato che per seguire un allattamento non sempre devo toccare la donna o il bambino, e se mi avvicino troppo lo domando, se devo toccare il bambino o il seno lo chiedo prima. Altre ostetriche mi hanno insegnato ad assistere in modo naturale il parto, a volte le stesse che mi hanno insegnato cose sbagliate. Dopo ho scelto cosa tenere e far mio.
L’ho imparato sopratutto perchè in un modo o in un altro mi è capitato di passarci. Quando avevo 12 anni e mi ruppi una gamba mi fecero passare la notte in ospedale. Avevo già una 5 di seno, mi vergognavo e non lo poteva vedere nessuno. Ero mezza rintontita dal dolore e dormiente. Arriva il tecnico dell’ECG -quell’esame che valuta come batte il cuore- e mi scopre tutta, tette al vento con porta aperta, e mi mette gli elettrodi ovunque.
A 28 anni al 3 anno di ostetricia faccio una ecografia mentre ero di turno in sala operatoria, già sapevo che c’era qualcosa che non andava. La ginecologa mi fa una ecografia e mi dice che ho l’ovaio policistico. Mi scrive tutto su un foglio e mi dice che devo prendere il progesterone per far arrivare le mestruazioni, Le chiedo -conoscendo bene quella malattia quindi sapendo cosa avrei dovuto fare- cosa dovevo fare se dopo un mese non mi fosse ritornato il mestruo. Mi risponde di prendere ancora progesterone. Arrivo a casa e chiamo il ginecologo che avevo scelto tempo prima e decidiamo assieme gli esami e la successiva terapia.
La violenza purtroppo c’è ovunque, non solo nel reparto di ostetricia o nelle sale parto. Io cerco di insegnare sempre alle mie donne a chiedere se non hanno compreso, ad avere gli strumenti per poter scegliere e poi a esigere che le loro scelte siano rispettate.
Non è semplice perchè il muro è grosso, e non sta solo in ospedale. Siamo reduci da una cultura dove ci si affidava al camice bianco, al professionista in uniforme e quello che diceva era legge. E molti continuano su questa scia.
So già che molte delle donne che frequentano i miei incontri, a cui dico che se assumono posizioni libere avranno un parto più scorrevole, meno dolore, meno rischi, andranno in contro a situazioni talvolta negative perchè se il personale in ospedale è ottuso, allora le tratteranno come talebane. Per questo dico sempre di scegliere dove farsi assistere, curare. Non è semplice, soprattutto perchè spesso in una struttura quando ci finiamo dentro non possiamo cambiare professionista. Ma credo che ci posa ancora essere dialogo. Sarò una terribile ottimista…
Da tutta questa campagna ho timore che potranno nascere anche conseguenze negative, sia per le donne che per i professionisti, e che quelle donne che si sono sentite violate non trovino la “vendetta” che desiderano. (correzione, mi hanno suggerito di trovare altre parole, RIVALSA potrebbe starci)
Intanto non credo che tutti conoscano il significato di “violenza ostetrica” e potrebbe venire facile pensare che sia una violenza fatta dalle ostetriche. In medichese si intende per “ostetrico” quello che riguarda una gravida, e per “ginecologico” quello che riguarda una donna non gravida. Quindi per violenza ostetrica le violenze che vengono fatte sulle gravide. Da un certo punto di vista io mi sento discriminata, perchè non ho avuto gravidanze ma ho avuto violenze. Da bambina ho avuto una infezione vaginale grave e ho perso la verginità con uno speculum, sinceramente non ho per nulla dei bei ricordi, mi ricordo il dolore, il lettino metallico da quanto era freddo, e quello che mi ha fatto un prelievo di qualcosa non era una ostetrica. Personalmente chiamerei il tutto “violenza ostetrico-ginecologica“.
Dicono che non ci siano delle leggi che regolamentano tutte queste cose, a volte è difficile poter mettere nero su bianco una frase perchè non si può registrare o non ci si aspetta che ce la dicano, non si può mettere nero su bianco che ci hanno obbligato a stare su un lettino quando volevamo stare sulla palla, non si può dire che forse era meglio se usavano più lubrificante e meno forza per una visita vaginale.
La campagna è nata proprio per sostenere la proposta di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico” da parte dell’On. Adriano Zaccagnini. Qua volendo ribadisco che mi sento discriminata in quanto non gravida ma comunque donna, e l’ultima violenza l’ho avuto dall’ostetrica del consultorio che mi ha trattata male perchè ho aspettato tanto secondo lei a fare un nuovo paptest. Non è carino essere sgridate, chiedimi come sto, cosa mi ha trattenuta, e scoprirai che ero in un buco nero.
Al corso per diventare volontaria alla casa della donna a Pisa che si occupa delle violenze di genere ho imparato che esiste la Convenzione di Intanbul che in Italia è stata ratificata con il decreto-legge n. 93 del 2013, qua un riassunto dell’articolo 3 da wikipedia:
L’articolo 3 prevede termini chiave definisce:
- “la violenza contro le donne” è la violenza dei diritti umani e una forma di discriminazione nei confronti delle donne e si intendono tutti gli atti di violazione di genere che determinano o sono suscettibili di provocare danno fisico, sessuale, psicologico o economico o una sofferenza alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica o privata;
- “violenza domestica“: tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;
- “genere”: significa che i ruoli socialmente costruiti, comportamenti, attività e attributi che una data società ritenga appropriato per le donne e gli uomini.
- “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato
Al prossimo incontro con le esperte della Casa della Donna mi informerò meglio, ma credo che possa essere intanto un ottimo strumento da dare alle donne nell’attesa di una legge più specifica.
Si può scegliere, quasi sempre! Io posso scegliere che tipo di ostetrica essere, come posso scegliere che tipo di “paziente” essere. Sarò una rompicoglioni, ma ogni volta che faccio una visita chiedo tutto, informazioni, terapie, dubbi. Sono finita ala guardia medica dopo qualche settimana che stavo male e ancora non avevo cambiato medico, le due dottoresse non volevano darmi antibiotici e manco si erano presentate. Stavo per uscire chiedo loro come si chiamano visto che non si erano presentate. Allora una mi dice “certo se proprio vuoi l’antibiotico te lo do..”. Poi mi è capitato con un oculista, io sono ipermetrope e ho bisogno di occhiali nuovi. Questo mi visita e manco si presenta, mi dice per di più che chi mi ha prescritto gli occhiali era un idiota, dando però dell’idiota anche a me visto che senza occhiali non posso leggere. Gli chiedo il nome uscendo così faccio in modo di non incrociarlo più.
Ho scelto di scegliere chi mi assiste!
Ho scelto che voglio assistere le donne nel modo in cui io stessa vorrei essere trattata
Ho scelto che se mi fanno stare a disagio, quanto meno lo devo dire ai diretti interessati, cercare di comprendere meglio e casomai se non c’è stato chiarimento, allora farmi sentire in un altro modo.
Se quello che trovate scritto tra le foto di #bastatacere vi preoccupa, vi crea disagio, non lo comprendete, chiedete sotto le immagini chiarimenti, fatevi sentire!! E ricordate che molte cose possono essere distorte dal proprio vissuto, da quello che si è provato, ma questo non cambia comunque il dolore provato.
Una frase dice “mi hanno dilatata con le dita”, ho assistito una volta a questo trattamento, non è stato facile da vedere. LA donna era stata avvisata, era comunque una cosa invasiva, dolorosa. L’ostetrica scelse di farlo perchè il ginecologo non aveva preso in considerazione la richiesta dell’ostetrica di fare un taglio cesareo perchè non era convinta del battito del bambino. Ha velocizzato quanto più poteva il parto. Alla fine il bambino è nato con difficoltà respiratorie ed è stato portato alla terapia intensiva. Una violenza? probabile. La donna era stata avvertita, ma non sapeva effettivamente a cosa andava in contro. Comunque, se questo fosse successo a un’altra donna e magari non avesse compreso il motivo per cui veniva fatta questa cruenta operazione, oltre al forte dolore si sarebbe sentita violata.
Non abbiate timore di quello che altre donne scrivono, di come raccontano il loro dolore e credo che dopo quello che hanno vissuto avrebbero avuto bisogno di essere ascoltate, in primis da chi si sono sentite violate, e poi dal resto del mondo. Abbracciate, strette, ascoltate.
E ricordate che non c’è solo quello nel mondo. Siamo in tante a essere rispettose!
E anzi, secondo me se avete avuto belle esperienze che vi hanno lasciato un bel ricordo, potrebbe essere carino raccontarlo sempre con l’hastag #bastatacere perchè si è importante dire che non vogliamo più violenze ma è importante ricordare che si può scegliere!
E ci stiamo unendo… ci vedrete sfilare in tante città italiane il 5 maggio (Clicca per l’evento) con l’iniziativa:
Ostetrice per le done ora più che mai!
Ci trovate su facebook alla pagina Ostetriche donne per le donne
Puoi anche partecipare pubblicando foto o esperienze con l’hastag #ostetricheperledonneorapiuchemai